L’8 Marzo una festa ormai abitudinaria?

Per celebrare il valore dell’altra metà del cielo presentiamo la storia di una donna che ha raggiunto alti livelli professionali e sportivi partendo da una condizione di salute traumatica per qualunque persona.

Tra qualche giorno l’Italia si appresta a commemorare la festa della donna. In ogni parte del Paese si svolgeranno manifestazioni, iniziative, mostre un’occasione e per molti giornali  rispolverare il ruolo della donna nel mondo imprenditoriale.

Anche quest’anno la festa della donna dell’ 8 Marzo ricorre in un momento difficile sia per la guerra in Ucraina, sia per gli effetti del virus di Wuhan nell’economia che ha toccato molto da vicino le donne.

La profonda crisi economica che attanaglia l’Italia ha reso il mercato del lavoro per le donne fortemente sbilanciato; l’equità per loro rappresenta un traguardo ancora lontano da raggiungere.

Le donne sono viste come fragili, spesso indicate come il “sesso debole”, anche se la vera forza non è nel trasportare pesi, ma si trova nella sopportazione dei dolori che spesso la vita genera.

Le donne sono coloro che nascondono una lacrima, un dolore, dietro un sorriso; hanno un alto spirito di adattamento, hanno un’elevata creatività sia nel lavoro e nella vita e anche se la maggior parte di loro sono disoccupate o inoccupate mostrano quella marcia in più che, segnata dalla dedizione e dall’impegno, le porta a raggiungere gli obiettivi previsti.

Un esempio di sensibilità, intelligenza, volontà e coraggio è la storia di Federica Maspero, canturina e autrice del libro autobiografico “Calze in cashmere” (pp. 204, San Paolo, € 18,00) con prefazione di Adriano Panatta.

La scrittrice descrive le varie traversie che ha dovuto affrontare per risalire la china da quel 19 Novembre 2004, quando le fu diagnosticata, all’ospedale di Cantù, una meningite. Era il giorno del suo 24° compleanno quando dovette affrontare uno dei momenti più terribili della sua vita.

Solo la forza, il coraggio e la determinazione che la contraddistinguono le hanno dato la forza per superare le difficoltà della malattia.

Rimane per due mesi in coma farmacologico all’ospedale di Lecco ed al suo risveglio scopre che le sono stati amputati entrambi gli arti inferiori a partire dal ginocchio oltre alle falangi delle mani.

Federica intraprende un percorso di recupero assai difficile. Tornata a casa dopo mesi trascorsi nelle mani dei fisioterapisti a Costa Masnaga riprende gli studi di Medicina che aveva interrotto a causa della malattia.

Lei stessa ricorda di essersi svegliata dal coma, durato ben 7 settimane, non riconoscendosi più: senza due gambe, senza le falangi delle mani e senza la punta del naso.

Nonostante ciò affronta la vita a muso duro: frequenta l’università dell’Insubria a Varese specializzandosi poi in oncologia all’Ieo (Istituto Europeo di Oncologia) di Milano, dopo una breve parentesi di studio in America.

Appena laureata ha il coraggio di chiedere il rispetto di un contratto di lavoro disatteso. Non reclama i diritti di invalidità, ma si rifiuta di lavorare per 40 ore settimanali ed essere retribuita per trenta.

Oggi all’età di quarant’anni, ricorda che dopo aver lasciato il lavoro in ospedale decide di rinascere un’altra volta intraprendendo lo studio dell’agopuntura.

Da poco ha ripreso a lavorare come medico e si occupa di assistenza dei malati nelle ultime fasi della loro vita in un hospice lombardo.

Un aspetto che emerge dalla sua autobiografia sono le spese che la sua famiglia ha sostenuto durante tutto il percorso di guarigione, così come parte degli interventi estetici.

Federica racconta della differenza di trattamento assistenziale in caso di invalidità. Se una persona ha necessità di una protesi in seguito ad un incidente sul lavoro l’Inail assiste a vita la persona infortunata. Nel suo caso le cose sono andate diversamente perché la pubblica assistenza le ha riconosciuto una pensione di invalidità solo fino a quando non ha iniziato a lavorare come medico.

Lo sport è stato un altro elemento importante della sua vita, piena di ostacoli e di difficoltà vissuta grazie anche al sostegno dei genitori, di amici e di Matteo, che sposa nel 2014.

È proprio merito del marito se arriva ad intraprendere un percorso sportivo agonistico.

Gareggia a Doha e a Rio nel 2016, dove incontra anche Alex Zanardi. Nel 2015 partecipa ai Mondiali in Qatar e conquista il record italiano nei 400 metri. A Londra nel Luglio 2017 nei 400 metri vince la medaglia d’argento. A Roma nel Maggio 2018 corre i 100 metri e vince nel Golden Gala la medaglia d’oro.

La festa della donna è diventata una ricorrenza vissuta più per abitudine che per convinzione. Il maschilismo e certi atteggiamenti nei confronti delle donne non sono del tutto scomparsi. Sul mondo femminile, in gran parte del pianeta, incombono tuttora ostacoli e ingiustizie. Anche nei Paesi più evoluti, per molte donne è difficile conciliare il desiderio di una famiglia con il lavoro.

La vita di Federica è un esempio che aiuta a comprendere che diventare un’atleta, una manager, una professionista, non sono conquiste occasionali, ma il risultato di una volontà capace di vincere una guerra fatta di tante battaglie dure e complicate. Ce solo da augurarsi che, ben oltre l’8 Marzo, all'”altra metà del cielo” sia concesso di dare fino in fondo il suo contributo per migliorare questo nostro avariato pianeta.

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